"ma voi ultraviolet non riuscite a fare una discussione senza farne una questione di principio?"

(Re)Censori



Un disco uscito trascina con se le parole usate per descriverlo. Oggi aspetto con meno ansia che in passato quelle parole, ma visto l’attaccamento di ciascuno di noi alla propria arte, al proprio bambino, quelle parole anche oggi, vengono lette e soppesate con molta attenzione.
E da questa prima infornata di recensioni ne esce un quadretto di ascolti leggeri e trascurati, di grandi e grossi preconcetti, di compitino svolto, di sei meno meno. E tutti i preconcetti girano attorno ad una parola fantomatica: Post rock. Che si porta dietro altre idee, sempre preconcette, ovvero musica da ascoltare con il cuscino sotto la testa, musica trita e ritrita perché in america la suonavano dieci anni fa etc.etc…
Un passo indietro. Ho conosciuto il post-rock dopo l’uscita di Soundproof, il nostro primo disco, nel 2000, e me ne sono innamorato, con dosi massicce di Goodspeed you black emperor, Mogwai, Mojave 3, June of 44, Tortoise e chi più ne ha più ne metta, e come ogni cosa, gli ascolti vengono traslati inconsciamente nella musica che scrivi, nessuno ha la pretesa di fare qualcosa di nuovo, d’altronde sarebbe un eccesso di ego pensarlo dopo i Beatles….però confesso che, come gruppo, non abbiamo mai cercato di riportarci verso un qualsiasi stile o una qualsiasi tendenza in modo preconcetto. La scrittura di Uvmms è libera. Una continua ricerca e una continua “sperimentazione naturale”, nel senso che non sperimentiamo a priori, non facciamo musica sperimentale o di avanguardia o intellettuale, ma per attitudine verso i nostri strumenti non riusciamo a fissare un determinato arrangiamento o direzione se non quando chiudiamo un disco registrandolo. Prendo l’esempio di Davide, che vi confesserà di interpretare la batteria, negli uvmms, come un continuo studio mentre si suona, mutando costantemente i suoi arrangiamenti ritmici ad ogni prova, ma tutti noi, in fondo, la musica la interpretiamo in questo modo, come uno studio, un evolversi in maniera non concettuale/intellettuale ma libera.
Questo per dire allora: come si fa a rapportare la nostra musica ad un cliché?
Se poi lo risulta, ok, ma quello è il punto di arrivo, la dimostrazione del teorema, non il punto di partenza di una recensione. E permettetemi la domanda: quale cliché, visto che il post-rock ha rappresentato tutto e il contrario di tutto?
Devo dire che non tutti i recensori hanno dimostrato poco orecchio e poco talento, mi sono ancor più convinto, e sempre più, che esiste una differenza nettissima tra carta stampata (recensori seri e di qualità, anche a questo giro) e il mare magnum di internet (dove troviamo molti/troppi recensori improvvisati e webzine che sfiorano l'inutilità), e, da questa stanchezza e poca voglia di approfondire l’ascolto, anche in chi ha il compito di esprimere giudizi ne esco abbastanza amareggiato, forse solo deluso. Avrei preferito tonnellate di critiche, costruttive però, cha almeno dimostrano un ascolto, a parole buttate lì dal fiero ego chiamato preconcetto (o preascolto). Ma in fondo il maestro recita che “tutto il resto è noia”, allora forse anche leggere certe recensioni vuote scritte senza sacro furore non fa che quadrare il cerchio su questo concetto.
Intanto noi continuiamo a girare, nelle nostre teste come aggrappati ai nostri strumenti, come dervisci, sempre.

Alberto

3 commenti:

Anonimo ha detto...

dondo dove sei?
tornata dalle ferie romane?

Anonimo ha detto...

Meglio tardi che mai...

Come stai?

Anonimo ha detto...

facciamo che mi scrivi qui: info@fratto9.com e che ci organizziamo per uscire a farci un aperitivo....
3477222126
ciao